28 gennaio 2010

Vendola ovvero il Berlusconi di sinistra


[In edicola con l'Osservatorio].

Incassato lo straordinario risultato delle primarie pugliesi, che l’ha reso di nuovo protagonista delle peggiori trasmissioni televisive di prima e seconda serata nazionale, Nichi Vendola, il nostro Nichi Vendola, vede aprirsi davanti a sé una vecchia ma entusiasmante avventura: essere l’unico uomo di sinistra di successo italiano.

Un copione già scritto, almeno a livello locale. Ma, a farci caso, a guardare con più attenzione il Presidente uscente della Puglia, in una qualsiasi delle tante occasioni mediatiche che vi offre, vi accorgereste che una sottotraccia di cambiamento in lui si intravede eccome, questa volta. Nulla che faccia intendere chissà quale ribaltone comunicativo, o rivoluzione copernicana dei costumi, non sia mai: giusto i primi, incerti passi di una mutazione genetica. Ma una mutazione genetica che solo dei disfattisti potrebbero non accogliere come una flebile, eppur concreta speranza per tanti elettori italiani di sinistra. Che forse con Vendola potrebbero non essere più tanto lontani da un ultimo, definitivo turamento di naso, teso finalmente verso un mondo migliore.

Considerate qualche elemento, raccolto qua e là, su e giù per alcuni dei tanti media Diventa sempre più difficile sentire la gente parlare di Vendola, se non chiamandolo Nichi. Se non bastasse, fate attenzione a come Nichi, dal canto suo, si riferisce alla gente. La chiama “popolo”. Lo dirà affettuosamente, lo dirà coscienziosamente. Un conto è sentire questa parola provenire dalla sua pronuncia nordpugliese resa tenera e rasserenante da una certa zeppola e una grossa cultura, un conto è sentirla da Giulio Tremonti. Ma il popolo resta sempre il popolo: lì, nel suo habitat: “fenomenali poteri cosmici, in minuscolo spazio vitale”.

Ancora, fate attenzione al modo raffinatissimo con cui Nichi non risponde ai rimbrotti che gli rivolgono in televisione i suoi avversari. Il capolavoro è avvenuto da Vespa, durante la puntata del day after le primarie, scagliando solo irriverente e quasi divertito silenzio contro lo sbraitare qualunquista ma fascistello di Ignazio La Russa in persona. C’è solo un altro politico italiano che riesce a non rispondere agli interlocutori in questo modo, e forse in questo momento è un po’ più preoccupato.
Anche una delle più odiose usanze dei berluscones, seconda solo all’essere Maurizio Gasparri tout court, e cioè avere un suggeritore ufficiale da Ballarò, è stata sposata in pieno da Nichi. Certo, con un po’ di differenze: lungi dall’accompagnarsi da uno dei soliti energumeni che sostengono la dialettica delle Brambilla e delle Carfagna (veri e propri buttafuori del pensiero), Vendola ha con sé un raffinato tipetto orientalieggiante, dotato di foulard impaillettato d’ordinanza.

Nichi, il nostro Presidente, sta diventando il nuovo Silvio di sinistra. Come se ce ne fosse mai stato uno, come se ce ne fosse mai potuto essere uno, strilleranno gli antidalemiani. Mi correggo: Nichi sta diventando “il” Silvio di sinistra: il primo e unico che sia sia conosciuto. Dire che quando scrivo “Silvio di sinistra” io intenda, come si suol dire, in senso buono, è talmente sottinteso che non mi degno neanche di affrontare la questione. Dico solo che Nichi è il Silvio di sinistra che tutti vorremmo avere come figlio e nessuno come padre, per un’ovvia questione di dividendi, ça va sans dire.
In vista delle sue seconde elezioni regionali, Nichi comincia a delineare più chiaramente la sua sottile trama di rinnovamento e potenziamento d’immagine. Si pone più corporale, più sudaticcio, più tangibile che mai. Più tangibile, forse, ma come i grandi comunicatori lo sono: giusto per ricordarci, all’occorrenza, della necessaria distanza.

Se l’ideologia non esiste più per nessuno, perché deve esistere per me? - si sarà domandato Nichi, una sera allo specchio. Se si votano le persone - o, meglio, la persona - perché non cercare semplicemente di essere la migliore persona possibile?
I più crudeli, i meno creduli, sghignazzeranno affermando che il vendolismo sia un berlusconismo debole: il berlusconismo di chi, invece di poter fare la voce grossa, riesce a dire la sua solo grazie al fatto che altri non sono riusciti a farla abbastanza grossa (leggi i gruppi dirigenti, fallimentari ma altamente strategici, del Partito Democratico).
Ma qual è la massima espressione del nuovo vendolismo? I più anziani fra di voi risponderanno con battutine da caserma. Ma non è questo il punto. La risposta dei più giovani e informatizzati, sarà senza dubbio più soddisfacente: le videoletterine di Nichi. Seguite subito, ma a distanza di sicurezza, da almeno uno dei gioiosi coretti che ne hanno caratterizzato la campagna elettorale per le primarie: “Un Presidente / c’è solo un Presidente / un Presidente!”; oppure, ancora più inquietante (ma nient’affatto sinistro): “Menomale che Nichi c’è”.

Nichi, quel Nichi, è talmente distante dalla politica e dai politici che se, all’indomani di un prossimo ed ulteriore successo elettorale in sede regionale, dovesse pensare di riprovarci con la ribalta nazionale, la sua non sarebbe solo una candidatura, ma una scesa in campo. 16 anni dopo.
Accadono cose interessanti e inquietanti nel nostro Paese. L’unico uomo che riuscirebbe davvero a tenere testa a Berlusconi; l’unico che potrebbe dunque avere successo in un’impresa talmente ardua che neanche i più esperti e motivati dirigenti e frontman di qualunque partito di centrosinistra italiano ci sono riusciti fino ad ora; è anche l’uomo che somiglia di più al suo avversario naturale.

Quando si dice che Berlusconi ha cambiato il nostro paese per sempre, non lo si dice con abbastanza convinzione se non si pensa anche ad un fenomeno del genere, prima di cambiare canale una volta per tutte. Non possiamo non unirci a uno di quei cori: comunque sia, chiunque sia, menomale sul serio che Nichi c’è.
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