30 giugno 2010

Perché Vendola non finanzia le tv locali?

In edicola con 20 Centesimi


Il vendolometro di oggi mostra profonde oscillazioni, mostrando una faccia sorridente e un'altra inevitabilmente triste, perlomeno all'osservatore dotato della corretta combinazione di pelo sullo stomaco e di dovere di cronaca per consultarlo costantemente.
La notizia buona non può che essere la storia del giorno: l'apertura pugliese alla Cina - o cinese alla Puglia, che dir si voglia. Una di quelle aperture frutto della buona politica e, soprattutto, volontarie (con le copie delle borse Prada che ci sono in giro, non sai mai che se non riesci a esportare tu per primo, non ti ritrovi poi davanti a un mercato già saturo di trulli pieghevoli fabbricato a Shangai o di pizziche virtuali a Pechino). Eppure, evitiamo di forarci subito i lobi sinistri delle orecchie per la contentezza. La visita di Nichi Vendola nella regione del Guangdong, e gli scenari commerciali che derivano dalla firma della Dichiarazione d'intenti di sviluppo economico, tecnologico, ambientale, culturale, saranno anche una delle prime grandi notizie dal debutto del secondo governo regionale Vendola. Resta il fatto che, a meno che il vice-governatore del Guangdong
Lin Musheng non si riveli per la Puglia una specie di Putin in scala ridotta (e la cosa pare assai improbabile) - per un Vendola sempre più Berlusconi di sinistra, due "vite parallele" anche per gli amichetti di penna all'estero, di quelli che ti rimangono nel cuore dopo i viaggi estivi - la strada per la Puglia realmente collaborativa con un mercato, un sistema produttivo e una mentalità come quelli cinesi, appare in salita. E' il duro confronto con la realtà. A meno che non si tratti davvero solo di insegnare ai cinesi a vestirsi da sposa. Ma speriamo, ovviamente, in tante sorprese quanti possono essere i dubbi.
D'altra parte, la notizia veramente brutta del giorno, dal fronte vendoliano, è quella che viene da una forte rimostranza mediatica, messa in piedi dal consigliere regionale - eletto fra le fila de "La Puglia prima di tutto" - Tato Greco. Il cosiddetto Tato lamenta, da una parte, i 480mila euro stanziati da una delibera della giunta regionale, in favore di 10 puntate di un programma di RaiTre, "Okkupati". Dall'altra, i mancati bandi di finanziamento regionale, per venire incontro ai costi di adeguamento al digitale terrestre delle emittanti locali. Se Tato ha ragione - Dio non voglia - si tratta di un brutto spauracchio. Quello di un Nichi più attento all'immagine nazionale della sua Puglia e di se stesso, che lo proietta inevitabilmente più vicino a Roma che a Bari, nella prospettiva che egli stesso non si è sentito mai di smentire - fosse anche davanti a Victoria Cabello di Victor Victoria - di essere chiamato a competere sul terreno delle politiche. E neanche un giorno troppo lontano.

29 giugno 2010

La Giornata Nazionale dell'Incontinenza

C'è poco da ridere sul fenomeno dell'incontinenza. Oggi tocca a me, domani tocca a te, più o meno come ben altre patologie, di cui alcune, come la morte stessa, hanno per fortuna un impatto sociale meno sentito. L'aumentare medio delle aspettative di vita della popolazione (e dell'età media della classe politica, del resto) rende la situazione ancora più grave e degna di una riflessione che coinvolga forze trasversali, in grado di sensibilizzare l'opinione pubblica riguardo la piaga in questione. E' merito di un pugliese, Francesco Diomede, se la FINCO (Federazione Italiana Incontinenti, da non confondere con FINECO) ha una visibilità sempre maggiore. Grazie al lavoro della FINCO, in occasione della Giornata Nazionale dell'Incontinenza (che si svolge, per legge, ogni anno il 28 giugno), il Presidente della Repubblica stesso, Giorgio Napolitano, ha rivolto un messaggio agli incontinenti di tutto il Paese: "L'impegno e la costante attività della 'Finco' costituiscono un utile ausilio per studiare e affrontare questo fenomeno, nell'intento di acquisire innovativi strumenti diagnostici e terapeutici, collegati ad un sostegno psicologico necessario per migliorare la qualità della vita dei pazienti".

La Notte bianca 2010 a Lecce: ne abbiamo davvero bisogno?

Puntuale come solo i saldi estivi e le influenze stagionali sanno essere, anche l'Edizione 2010 della Notte Bianca leccese è ormai sul trampolino di lancio. La sala consiliare di Palazzo Carafa, tutto l'anno addobbata a festa per conferenze stampa di ogni risma - senza fare distinzione fra inaugurazioni di altalene comunali ed eventi più seri come il ritrovamento di cani perduti o relativi salvataggi - figuriamoci cosa ci riserva per una questione realmente di primaria importanza, come la Notte Bianca è e sarà sempre nel cuore della fiumana di gente che accorrerà nel nostro capoluogo sabato 3 luglio prossimo. Da un certo punto di vista, è come se ogni sabato sera a partire da (almeno) aprile non fosse stato altro che una serie ininterrotta di prove ed esercitazioni in vista del grande evento di inizio estate: placide torchiarolesi che controllano la riuscita delle paillettes dei loro tubini-gioiello; illustri sconosciuti dell'hinterland che mettono a dura prova il loro accento inglese con ignare studentesse Erasmus spagnole ("hai visto mai che capita davvero una straniera bona, come l'anno scorso, che non sapevo dire una parola, comparema"); orde di artisti di strada in un delirio di concorrenza sleale che si fanno la parodia a vicenda, si menano e, all'occorrenza, si "buano" reciprocamente mischiandosi fra i rispettivi pubblici.
Secondo i progetti del sindaco di Lecce Paolo Perrone e dell'illustre agenzia di comunicazione A&C Group (che sarà presente alla conferenza stampa di oggi, alle 11.30 a Palazzo Carafa, nella persona del suo numero uno Mauro Arnesano, ma che vanta, ahimé, un sito web aggiornato solo al 2003), la Notte Bianca 2010 sarà dunque una sorta di summa della movida leccese. Una sola serata in cui potrete trovare tutto il meglio delle altre serate possibili, condensato, ordinato, pettinato, spiegato e reso disponibile anche a chi di norma le notti non le frequenta, e a ragione. Una sorta di inferno dantesco - opportunamente suddiviso in gironi: quello musicale, quello enogastronomico, quello teatrale, quello sportivo, e via espiando. La Notte Bianca sarà un po' come quelle donne che poi sposiamo: perché averne altre se possiamo sforzarci di cercare tutto in una sola?
L'unico problema all'orizzonte, per gli organizzatori della manifestazione e per i collaboratori tutti (a partire dai signori rappresentanti di Provincia di
Lecce, Camera di Commercio, Università del Salento, Assessorato al Mediterraneo della Regione Puglia, Apt Lecce e Accademia delle Belle Arti di Lecce), è l'ormai agguerrita concorrenza della costellazione di Notti Bianche alternative sparse per il territorio della Provincia. Le quali, anche se non in diretta contrapposizione cronologica con quella del capoluogo (come quella di Sternatia, lo scorso sabato, che ha bruciato tutte le altre sul tempo), comunque hanno fatto e faranno tanto per inflazionare e saturare la proposta dell'evento unico e irripetibile - come vorrebbero "vendercelo" gli amministratori - che non c'è e non ci sarà mai.

28 giugno 2010

Il vero significato della scultura di Ercole Pignatelli all'ingresso di Lecce

In edicola con "20 Centesimi"

Continuiamo la nostra battaglia di informazione sul possibile significato iconologico del monumento - ormai del tutto inaugurato, anche nel senso di benedetto dai piccioni - che il maestro Ercole Pignatelli ha eretto presso uno dei principali rondò della nostra città: quello che segna l'inizio - e, significativamente, anche la fine - della superstrada Lecce-Brindisi. Proprio dal mondo dell'ornitologia vogliamo far partire la seguente riflessione: e se fosse tutta una metafora escrementizia? Se l'agglomerato di ciarpame in finta pietra leccese, dalle più svariate forme e date di scadenza, non fosse altro che una metafora alla De Andrè, appena "deposta" in quantità industriale dai due uccelli che torreggiano in cima all'opera d'arte? Un altro modo di dire che dal letame possono nascere fiori? Sono gli uccelli in alto ad aver creato l'ammasso, o è l'ammasso ad aver generato gli uccelli? Niente da fare, ci avevamo sperato invano: la questione è destinata a farsi sempre più complessa.

Per tacere del fatto che sarà quantomeno divertente capire cosa succederà, anche solo fra qualche mese, al colore di tutto quel polistirolo simulante pietra leccese, collocato dall'estro del maestro Pignatelli in uno dei punti più trafficati della Provincia. Guardate cosa succede dopo un anno alle facciate del Barocco appena restaurate, eppure sono quasi tutte collocate nel cuore del centro storico di Lecce. Ci saranno i fondi per ripulire ciclicamente un simile capolavoro? Oppure anche la faccenda della sporcizia che, gradualmente, si depositerà sulla scultura, è funzionale al discorso della metafora escrementizia della stessa?

25 giugno 2010

Fatta la ronda, trovato l'inganno

In edicola su 20 Centesimi.

Ronde sì, ronde no; ronde, infine, sì. O, almeno, così pare. La Corte Costituzionale ha in parte bocciato e in parte approvato le famigerate norme sulle 'ronde', previste dal pacchetto sicurezza del 2008-2009. La Consulta, con la sentenza 226 depositata ieri in cancelleria, ha fatto distinzione fra due tipi di ronda, di cui uno sarà esercizio legittimo di un diritto. L'altro, un piccolo abuso pronto da condonare. Ovvero, fatta la ronda, trovato l'inganno. Da una parte i giudici della Consulta hanno dato il via libera "all'impiego di cittadini non armati per segnalare eventi che possano arrecare danno alla sicurezza urbana" [sic]. Dall'altra, hanno dichiarato illegittimo l'impiego delle 'ronde' in situazioni di "disagio sociale". Dunque, se tanto ci dà tanto, prepariamoci a una bella varietà di situazioni e di applicazioni. Soprattutto del concetto di "non armati": il campo che più si presta ad interpretazioni fantasiose e romanzesche.
Ronde all'italiana (ritardatarie, qualunquiste, di facciata); ronde fascistelle (rabbiose, revansciste); ronde di quartiere, ronde metropolitane; ronde chic (tutti neri, con divisa e tanto di basco e aquila imperiale), ronde trasandate (tutti vestiti diversi, ma in fondo uniti); ronde politicamente corrette (con grida d'avvertimento, con paternali), ronde scorrette (di azione immediata); ronde belle, ronde brutte. Ce ne sono per tutti i gusti, perché in molti, moltissimi le aspettavano. A dire il vero, per esse, erano in fibrillazione entrambi i tipi di potenziali protagonisti: quelli che le avrebbero date e quelli che non avrebbero voluto altro che prenderne, per darne ancora e ancora.
Nei paesi che consideriamo civili (vale a dire soprattutto quelli anglosassoni: Stati Uniti in primis), le ronde di quartiere esistono da anni, e si chiamano con uno dei tanti eufemismi che rendono grande la lingua inglese: "neighborhood watch" - vale a dire, più o meno, "osservazione del vicinato". Sono il primo degli sport sociali del cittadino medio di sobborgo americano. Dopo le riunioni degli alcolisti anonimi, naturalmente. Si stabiliscono turni e si sta apposto con la coscienza, perché più di una mazza da baseball non si può portare con sè, e si è comunque fortemente incoraggiati a fare la delatori alle autorità, quando si vede qualcosa che non va, piuttosto che intervenire direttamente sui vari casi, ed essere crepati di mazzate (come accade il più delle volte, del resto).
Non osiamo ancora immaginare quello che potrebbe essere la versione leccese e salentina di queste benedette ronde. Perlomeno, non con quello che leggiamo quotidianamente sulla colonne locali della cronaca nera. Bene che vada, le ronde arriveranno e andranno via, silenziosamente come è venuto il poliziotto di quartiere. Male che vada, nel cuore della nostra provincia riccastra ma pulp, altro che mazzate. Anche perché, nel buio della notte salentina, di ronda ce n'è sempre stata una sola: quella tutt'altro che silenziosa della malavita organizzata.

21 giugno 2010

I mostri da mostra

In edicola con 20 Centesimi.


È buona norma fra i frequentatori assidui di mostre e vernissage quella di distinguere fra due filoni principali di "altri" frequentatori. Questo accade perché - vuoi per immodestia, vuoi per mancanza reale di competenze tecniche in merito di loro simili, o di "prossimo" in senso lato - i frequentatori assidui di mostre o vernissage si considerano al di sopra di ogni categorizzazione. Il panorama leccese non presenta, purtroppo, un numero abbastanza elevato di eventi artistici tale da permettere alle due categorie in questione di profilicare e di rivaleggiare, magari nella maniera massiccia cui siamo abituati dall'osservazione degli stessi fenomeni in città più grandi e attente agli assessori alla Cultura. Eppure, nonostante questo, ecco questi due tipi universali scavarsi le rispettive nicchie faticosamente nel tessuto sociale salentino, e renderci i destinatari della loro epifania - immancabilmente - anche all'inaugurazione dell'ultima mostra di "Lecce Spazio Vivo".



Il primo ci viene incontro - anche se sarebbe più corretto dire che ci è venuto addosso - non appena mettiamo piede nel raccolto spazio espositivo di via Palmieri. È il tipo "invitato". È sempre preparatissimo sull'artista esposto, come se quel tipo barbuto che agita le mani qualche metro più in là - e che non fa il minimo cenno di averlo riconosciuto, nè di volerlo salutare - fosse Pablo Picasso in persona. Anzi, spesso è preparato su di lui più di quanto non lo sia su Picasso stesso (fra l'altro in mostra per tutta l'estate 2010 al Castello Aragonese di Otranto). Ma questa è chiaramente un'altra storia. Il tipo invitato, comunque,

quale che sia il tema della mostra, anche se fosse una chiara occasione di raccolta fondi benefica o chissà quale altra diavoleria, comunque presenta un'espressione del volto inequivocabile. In cuor suo, chiede ogni secondo scusa al caro esposto per la presenza di ciascuno degli altri visitatori. Si scusa per i loro figli, per il loro approccio alle opere, per le loro stesse acconciature. Nessuno, d'altra parte, sa chi lo abbia tecnicamente invitato. Fatto sta che il tipo invitato ha in mano una brochure e non sta fermo un solo secondo.

La vita del tipo imbucato, al contrario, è molto più semplice, ma non meno fastidiosa. Si trova alla mostra perché, sulla strada per il McAndrew - il noto fast food amatoriale, ma non tanto amato, di fianco all'ex Istituto Margherita di Savoia - la sua fidanzata in pectore ha notato un quadro "ngraziato" sulla locandina del vernissage. Per questo, il tipo imbucato esegue un rapidissimo test psico-attitudinale nei confronti della suddetta fidanzata (quasi sempre di recente acquisizione) e stabilisce di essere effettivamente in grado di impressionarla. Da questo momento fino alla fine del suo soggiorno presso l'evento culturale da lui prescelto, il tipo imbucato non smetterà di parlare in dialetto stretto di quanto sia "particolare" la luce dei dipinti del caro esposto. Con una rapida considerazione su quanto debbano essere cari, lascia la mostra sicuro della durevolezza nel tempo della conquista appena fatta.
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