28 aprile 2009

Ricomincio da Alda D'Eusanio



In edicola con l'Opinione.

Un'idea geniale fra le tante intelligenti che ha avuto Alda D'Eusanio nella seconda parte della sua carriera televisiva, è stata senza dubbio la prima edizione di "Al posto tuo".
L'altra genialata, sia detto per inciso, è stata ed è quella di intitolare all'incirca ogni anno "Ricomincio da qui" tutti gli altri programmi che ha lanciato, nel frattempo, in tv. Tutte versioni sempre perfezionate, sempre più simili all'originale di quell'età dell'oro, ma mai efficaci come quel primo tentativo di dimostrare il concetto aldino che aveva elevato a manifesto del suo pensiero sulla televisione italiana: è meglio un programma che finge una realtà interessante o meritevole di essere trasmessa, di uno che riproduce veramente una realtà che è non solo priva di interesse, ma fa anche decisamente schifo.

Il "Ricomincio da qui" di questa stagione 2008-2009 è ancora un po' differente da quelli che lo hanno preceduto. In maniera discreta, sta agendo in una direzione insperata anche dai più alti vagiti dei primissimi tentativi (otto, nove anni fa) di mettere in scena la vita su Rai Due. Prendiamo il caso di questo mercoledì, quello di un omosessuale gentile e colto picchiato per questo per strada.
Un omosessuale percosso, un tempo, da Alda diventava il gay menato, e per sempre, anche se per quel sempre dura il tempo in cui possiamo pensare di trarne un insegnamento morale, utile o meno. Oggi la situazione è molto cambiata.

Ha finalmente ricominciato anche lei, ma con altri mezzi rispetto a quelli di cui era dotata prima. Ora è più limitata dal punto di vista della teatralità, ma infinitamente più forte da quello del realismo. Ci sono meno parti in causa, non si litiga più, ma si racconta un pezzo di verità come prima si sarebbe raccontato una piece di finzione. La finzione è stata una scuola per rappresentare la realtà, come quello che diventano bravi giornalisti o documentaristi sebbene abbiano trascorso l'infanzia a sentire favole o bugie.

Il neurologo di studio praticamente con la cravatta della Roma ci riporta per un attimo indietro nel tempo, ma era solo un pregiudizio. Quel dottore è segno della nuova era quanto le lacrime agli occhi del nostro Christian.
Anche le più controverse e convertibili (nel senso proprio automobilistico) delle storie raccontate da Alda nel passato, teatrali o teatroterapeutiche che fossero, paracule o paraculoterapeutiche, davanti a certi personaggi come quello di Christian smettono impovvisamente di esercitare il loro fascino. Il doppio, triplo, quadruplo gioco alla romanzo di spionaggio metatelevisivo cui ci aveva abituato, sembra la trama di una fiction forse scritta benissimo, ma tenuta nel cassetto.

Tutto a un tratto, la materia di cui Alda ci racconta, non ha senso pensarla come frutto, più o meno riuscito, di una finzione o di una realtà che la superi, o viceversa. E' finalmente interessante di per sé. Questo, nonostante sia, incredibilmente, tutto vero quello di cui si parla.

Neanche il momento della scoperta delle canzoni di Renato Zero ci fa minimamente ridere. Ecco, forse giusto la faccenda della scoperta della sua sessualità proprio in Puglia, in un locale ci può ricordare uno di quei momenti in cui lo sceneggiatore che in ognuno di noi, ogni tanto, calca la mano. Fatto è che dopo quel soggiorno fra orecchiette e cime di rapa il nostro Christian lascia definitivamente la sua donna, quella persona che in lui riponeva fiducia, stima e anche una discreta dose di ormoni. E noi lasciamo per sempre anche i più grandi meriti che avevamo attribuito prima d'oggi alla D'Eusanio, per inventarcene di nuovi.
Una nota di merito particolare la vorremmo dedicare alla psicologa e psicoterapeuta che compie, ogni pomeriggio, coraggiosamente la missione di cambiare il ruolo, la figura e la posizione dei professionisti di questo settore in una televisione matrigna per i loro colleghi di vero talento.

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