19 maggio 2009

I Cesaroni maestri di vita


[In edicola con l'Opinione]

Le ultime puntate dei Cesaroni si stagliano sulla tendenza già semi-estiva del resto della programmazione televisiva in corso, almeno come Antonello Fassari si distingue dal resto del cast di una fiction (Canale 5, lunedì in prima serata) dal successo e dalla penetrazione nell'immaginario comune senza precedenti.
Ad essere onesti, queste puntate si distinguono anche dalla maggior parte di quelle delle scorse stagioni, e per due ordini di motivazioni.

Il primo riguarda il fatto che, per la prima volta dopo l'episodio giovanile di "Colpo gobbo a Milano" (sì, quello con Monica Bellucci che parla - correttamente - umbro), Claudio Amendola si trovi per la prima volta "in parte".
Amendola si era avvicinato a tanta perfezione solo in "Caterina va in città" (di Paolo Virzì), nel ruolo di deputato becero. Ma lì si trattava più che altro di giocare di contrasto insieme a Sergio Castellitto, e prendere le mosse dalle fisime e dai complessi del suo personaggio.

La sua candidatura a presidente della Garbatella, il quartiere in cui i Cesaroni lo collocano, abbassa di qualche gradino, e anche abbastanza ripido, la scala che Claudio dovrà salire fino all'essere considerato un interprete dell'attuale romanità. La riuscita di Amendola nei panni del laziale "pratico" ("che non guarda al cielo mentre cammina"), che si sente inadeguato nel "recitare" il ruolo di politico, è di una fascinazione senza precedenti. C'è tutta la meta-sincerità dello stesso Amendola, in quel piccolo Cesarone: troppo spontaneo, poco calcolatore, messo lì sul palco del confronto cogli avversari da una moglie troppo ambiziosa. Quella stessa simpaticissima Elena Sofia ricci che, per inciso, di lì a poco lo chiamerà "Obama mio" mentre, in un impeto di rinnovata passione post-comizio, lo trascina a letto, finalmente incravattato e scravattabile.

Il secondo ordine di eccellenza è costituito da un altro fatto, ancora più inaspettato.
Ciascuno dei protagonisti dei Cesaroni (e gli autori dietro di loro) per come sono riusciti a reagire al grande successo, sono da caso nazionale. Con tutti i loro limiti stilistici e contenutistici, riescono dove pochissimi uomini (diciamo anche: nessuno), divenuti pubblici o semplicemente di successo, sanno tenere duro nella stessa linea che li ha condotti a quel successo, ma che spesso finiscono per trascurare proprio a causa di quel successo. E questo vale per moltissimi settori in cui l'ingegno umano, o la mancanza di esso, si spende, a cominciare dalla politica.
I Cesaroni, stagione dopo stagione, record di ascolto dopo record di scaricamento, sono rimasti loro stessi al punto che, nonostante tutti gli ammiccamenti ai temi chiave delle fiction che "vogliono" avere successo (mentre loro lo hanno già, e non potrebbero quasi averne di più), continuano a reggere il peso della loro responsabilità con una dignità e una coscienza che non ha paragoni se non ai primordi della televisione. I Cesaroni, in altre parole, sono uno dei due o tre prodotti della nostra televisione attuale che "insegnano" qualcosa. Veramente. E lo fanno senza mezzi termini, e senza neanche mettere in testa il tocco d'accademici.

Tutto il lento processo con cui Amendola si ricrede della sua "discesa in campo" politica, sentendosi straniato, snaturato dal suo ruolo portante di uomo semplice ma non villano, modesto ma non sempliciotto, e decide di lasciare nelle mani del suo avversario dalla parlata settentrionale il peso della finzione che anche un solo comizio gli procura, e che non riesce a sopportare, vale quando stagioni intere di qualunque sia il vostro talent-show di riferimento, con tutto il rispetto agli imitatori di Mara Majonchi.

6 maggio 2009

Berlusconi parla di sé e di Veronica Lario a Porta a Porta

In edicola con l'Opinione.

La puntata di Porta a porta di martedì scorso non ha manifestato particolarità degne di nota, a parte il fatto di essere stata condotta dal Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi in persona. Fra gli ospiti, alcuni giornalisti televisivi e certi tizi della carta stampata.
E' stata una serata interamente dedicata al tema dell'intervento del Governo sui luoghi del terremoto abruzzese, con una digressione di circa due ore e mezza che ha riguardato un doloroso episodio autobiografico del conduttore, che mi dispiace molto di dover citare nel mio pezzo, dovendo fare la cronaca dell'evento: un dissapore coniugale con la sua signora progressista.

Il Presidente del Consiglio, in ogni caso, dotato di un piglio estremamente professionale, è stato benissimo al gioco - innescato da una battuta di uno degli ospiti in studio, Bruno Vespa (fra l'altro inventore del format di Porta a porta e un tempo egli stesso conduttore dell'edizione originale del talk show di Rai Uno) - e ha portato a termine la puntata senza il minimo imprevisto, fatto salvo giusto qualche problema di microfono e
Non c'è stato neanche bisogno di difendersi dalle accuse e dalle critiche che, probabilmente, il padrone di casa si sarebbe aspettato di vedersi rivolte da una certa parte della sua opposizione politica. O, almeno, da quella parte di questa parte che si sarebbe potuta annidare fra gli ospiti, o anche nascondersi nel pubblico. Non si sa mai cosa ti combinano queste parti.

Perfino uno dei momenti più critici di tutto l'evento - il momento in cui tutti abbiamo temuto che una domanda ci sarebbe stata - è stato superato agilmente, e le boe di mare agitato non hanno dato troppe preoccupazioni al Presidente-conduttore, che è riuscito a far rientrare in porto la sua nave senza il minimo travaglio.
La domanda in questione, che era sulle labbra di ciascuno di noi fin dall'inizio della trasmissione, e in particolare su quel ciascuno di noi che risponde al nome di Piero Sansonetti (direttore, manco a dirlo, de "l'Altro"), per inciso, era la seguente: "Presidente, ma come mai sua moglie crede più ai giornali in mano alle opposizioni che a lei, unico coniuge, di cui è a carico?". Per fortuna, come dicevo, la trasmissione è filata liscia.

Non che non ami Berlusconi quando è a Porta a porta. Mi piace molto di più quando fa dichiarazioni sui giornali, ad esempio. E' lì che darebbe il meglio di sé, sul serio. Il problema è che la maggior parte dei giornali, poi, distorcono quelle dichiarazioni, le fanno suonare false, strampalate, campate in aria. Quando non somigliano solamente a spacconate o a prese per i fondelli. Io non riesco a credere a tutti quei redattori duri d'orecchio. Deve esserci qualcosa sotto.
Per fortuna che una trasmissione televisiva, oltre un certo limite, non potrà mai distorcere la realtà come fa un quotidiano schierato. Guardate il Grande Fratello, per esempio: pura realtà, semplice verità: magari da prendere a piccole dosi. Ma che bella, la verità.

30 aprile 2009

The Big Bang Theory in italiano, quando la teoria non è tutto


In edicola con l'Opinione, la recensione di una grande situation comedy americana.

"L'Italia è in trepidante attesa della seconda stagione di una delle sit com di maggior impatto linguistico e stilistico dello scorso anno: The Big Bang Theory, di Chuck Lorre e Bill Prady.

Le diciassette puntate andate in onda per ora anche da noi sono la storia di come la vita di due fisici che lavorano all'Università (uno teorico e dinoccolato, Sheldon Cooper; l'altro più sperimentale e risoluto, Leonard Hofstadter) entri in rotta di collisione con quella di una sventola bionda che lavora in una catena di fast-food (soprattutto dolciumi), che non solo non ha un dottorato, ma è anche in grado di fare innamorare di sé Leonard, il più timido e sensibile dei due. I due secchioni hanno in comune tutto o quasi, a partire dalla casa, che si trova solo a un pianerottolo di distanza da quella di Penny, la suddetta sventola.

Condividono l'amore per i videogame (ogni mercoledì si incontrano con le altre due presenze fisse del loro entourage per delle lunghe sessioni di Xbox che chiamano le "Halo night"); quello per la cucina etnica (thailandese e cinese su tutti, ma solo da un certo ristorante, e solo da asporto, per motivi di fissazione per l'igiene e per le serie televisive di fantascienza, come l'immancabile Battlestar Galactica). Anche gli amici sono perfettamente divisibili e alternabili: Rajesh Koothrappali, l'indiano appassionato di stelle, ma poco di donne (non ci riesce a parlare se non da ubriaco) e Howard Wolowitz, il mammone maniaco sessuale, disgustosamente attratto da tutte le donne che gli capitano a tiro e non, che lavorino nel suo dipartimento (è ingegnere spaziale) o no.

L'unica cosa che separa per quasi tutte le puntate i due coinquilini è proprio Penny. E' chiaro fin da subito che Leonard se ne innamora perdutamente, nonostante i colpi del cinismo misogino dell'altro, che cerca di mettergli in evidenza i lati negativi non dico solo dell'amore, ma anche delle relazioni affettive in generale.
Sheldon è un adorabile burbero, uno scienziato di giorno, idolo di chi legge e comprende le sue pubblicazioni, e un bambino di notte, che non incubo peggiore che quello di raffreddarsi e doversi curare da solo, lontano da casa.

La seconda stagione della sit com si sta concludendo in questi giorni negli USA, e gli adattatori che prestano servizio per il canale Steel di Mediaset Premium possono già riprendere in mano i manuali di fisica quantistica e di senso dell'umorismo di cui avevano avuto strettamente bisogno per tradurre la prima mandata di episodi. Così, fra non molto, sarà tempo che il pubblico italiano possa seguire anche il bis di The Big Bang Theory senza il malefico supporto i sottotitoli amatoriali di ItalianSubs.net. Il lavoro che fanno quei ragazzi, per carità, è spesso lodevolissimo per prontezza e completezza, ma per TBBT hanno fatto davvero degli strafalcioni d'alto bordo.

Con TBBT, la cultura generale del compagno di banco secchione che risiede in ognuno di noi si riverserà tutta sulla possibile decifrazione dei titoli degli episodi della serie: "Il postulato dell'hamburger", "Il paradigma della Terra di Mezzo", "La congettura della bat-biscottiera", "La reazione nocciolina". Tutto il resto di quello che alberga nel nostro cervello, proprio perché non capirà tutte le sottilissime e argute battute di Sheldon, riderà lo stesso come se niente fosse".

28 aprile 2009

Ricomincio da Alda D'Eusanio



In edicola con l'Opinione.

Un'idea geniale fra le tante intelligenti che ha avuto Alda D'Eusanio nella seconda parte della sua carriera televisiva, è stata senza dubbio la prima edizione di "Al posto tuo".
L'altra genialata, sia detto per inciso, è stata ed è quella di intitolare all'incirca ogni anno "Ricomincio da qui" tutti gli altri programmi che ha lanciato, nel frattempo, in tv. Tutte versioni sempre perfezionate, sempre più simili all'originale di quell'età dell'oro, ma mai efficaci come quel primo tentativo di dimostrare il concetto aldino che aveva elevato a manifesto del suo pensiero sulla televisione italiana: è meglio un programma che finge una realtà interessante o meritevole di essere trasmessa, di uno che riproduce veramente una realtà che è non solo priva di interesse, ma fa anche decisamente schifo.

Il "Ricomincio da qui" di questa stagione 2008-2009 è ancora un po' differente da quelli che lo hanno preceduto. In maniera discreta, sta agendo in una direzione insperata anche dai più alti vagiti dei primissimi tentativi (otto, nove anni fa) di mettere in scena la vita su Rai Due. Prendiamo il caso di questo mercoledì, quello di un omosessuale gentile e colto picchiato per questo per strada.
Un omosessuale percosso, un tempo, da Alda diventava il gay menato, e per sempre, anche se per quel sempre dura il tempo in cui possiamo pensare di trarne un insegnamento morale, utile o meno. Oggi la situazione è molto cambiata.

Ha finalmente ricominciato anche lei, ma con altri mezzi rispetto a quelli di cui era dotata prima. Ora è più limitata dal punto di vista della teatralità, ma infinitamente più forte da quello del realismo. Ci sono meno parti in causa, non si litiga più, ma si racconta un pezzo di verità come prima si sarebbe raccontato una piece di finzione. La finzione è stata una scuola per rappresentare la realtà, come quello che diventano bravi giornalisti o documentaristi sebbene abbiano trascorso l'infanzia a sentire favole o bugie.

Il neurologo di studio praticamente con la cravatta della Roma ci riporta per un attimo indietro nel tempo, ma era solo un pregiudizio. Quel dottore è segno della nuova era quanto le lacrime agli occhi del nostro Christian.
Anche le più controverse e convertibili (nel senso proprio automobilistico) delle storie raccontate da Alda nel passato, teatrali o teatroterapeutiche che fossero, paracule o paraculoterapeutiche, davanti a certi personaggi come quello di Christian smettono impovvisamente di esercitare il loro fascino. Il doppio, triplo, quadruplo gioco alla romanzo di spionaggio metatelevisivo cui ci aveva abituato, sembra la trama di una fiction forse scritta benissimo, ma tenuta nel cassetto.

18 aprile 2009

Pomeriggio 5, il peggior modo di raccontare il terremoto in Abruzzo



In edicola con l'Opinione.

La più brutta speculazione sulle vittime del terremoto in Abruzzo la sta facendo, più o meno quotidianamente, la trasmissione postprandiale dell'ammiraglia Mediaset, conosciuta dietro il nome di Pomeriggio 5.
Non perché sia particolarmente cupa, e dunque perché affetti sentimenti che da remoto non si possono avere e, sempre da studio, pianga lacrime che non ci si può permettere piangere. Né perché sia particolarmente allegra, e dunque distaccata dal dramma che ciascuno dei suoi inviati, per non parlare dei loro intervistati, per ogni pochi minuti di collegamento ben riuscito, vive cento, mille volte moltiplicato nel resto della giornata, trascorsa fra sforzi di dimenticare e altri di ricordare dove possano essere finite le proprie cose.

Il punto vero è probabilmente il fatto che Pomeriggio Cinque tratta il problema dell'emergenza in Abruzzo semplicemente come uno dei tanti fatti e casi di cronaca - nera, rosa, fucsia - di cui si occupa e già si occupava ogni giorno.
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...