In edicola con 20centesimi
Per quanto esistano numerosi tipi di risorgimentalismo, sono tutti rappresentati egregiamente dalla sola classe dirigente della nostra piccola Lecce. Magari con un piccolo aiuto da casa da parte della nostra popolazione, sempre nostalgica di un grande passato che forse non ha comunque mai avuto, ma che è molto bello pensare di aver perso. C'è il risorgimentalismo più facile ed usato, che è quello retorico delle nostre istituzioni politiche egemoni, cioè quelle di centrodestra. Comune e Provincia, completamente privi di contenuti e sempre più anche orfani di forme (perlopiù per colpa del virus inoculato del berlusconismo), vanno a nozze - morganatiche - con dei simboli e dei concetti tanto più grandi di loro - come patria, bandiere, inni e libertà - che hanno per giunta la convenienza di ricordare tanto da vicino quelli che avrebbero dovuto rispettare e fare loro, se non fossero mai scesi a patti col berlusconismo, o se Gianfranco Fini non si fosse mai invaghito di Elisabetta Tulliani. Poi c'è il risorgimentalismo, di opposizione: che fa dell'antiretorica una retorica di segno opposto. Quello legittimamente atterrito per la deriva, per la perdita di autocontrollo da parte dei politici egemoni, di cui sopra. E che in occasione di quest'anno ha riconvertito, per i suoi messaggi forti (perlopiù di lotta a leggi ad personam e a meretriciocrazia), gli stessi simboli e lo stesso amor patrio rilucidati dal suo collega di maggioranza. Da qui le manifestazioni pro-costituzione, pur apprezzatissime e a tratti necessarie (soprattutto da porta San Biagio al Castello Carlo V), ma che a qualcuno sono somigliate troppo alle processioni patriottiche di fasce tricolori e divise da vigile urbano (come quella che è andata in onda lunedì 14 per le vie di Lecce). Solo, appunto, caricate di un'energia contraria.
Ancora, c'è il risorgimentalismo degli imprenditori, degli aristocratici non borbonici e degli snob di ogni ceto sociale. Di chi non gliene frega niente di niente, figuriamoci di Garibaldi ferito o di Mazzini esule. Oddio, forse gliene frega anche qualcosa - la sua passioncella per le bande musicali ce l'avrebbe pure. Per quelle bande musicali che fanno il loro dovere, che suonano una musica non pop (che sarebbe troppo, per una moglie radical chic), ma per una volta orecchiabile e sontuosa, ciascuno sul suo strumento e ciascuno a tempo. Ma va nascosta, come un tradimento alla sua personalissima messa in scena della retta via. Farsi scoprire da Liberrima con in mano - non dico un "Viva l'Italia di Aldo Cazzullo - ma anche solo un "Almanacco essenziale dell'Italia unita" di Carlo Fruttero e Massimo Mantellini", sarebbe il massimo sacrilegio. Loro fanno come quando si va su internet dal cellulare, per controllare che sta facendo il Lecce, durante un concerto domenicale di Beethoven in un ex monastero. Battono il tempo dalla Bmw, fermi al semaforo di via XXV Luglio, mentre passa la banda verso il Politeama. Questa terza categoria finisce per essere talmente presa dal dover dare l'impressione di non tenerci affatto all'Unità d'Italia - perdipiù dopo 150 anni suonati - che forse impiega più risorse, logistica e argomenti per evitare cortei o citazioni di Massimo D'Azeglio di quanti ne impiegherebbe a parlarne o a seguire semplicemente la fanfara dell'inno di Mameli coi tacchetti delle Tod's.
Dei neoborbonici tacciamo, almeno per rispetto. Sono listati a lutto: è oggi la loro versione del "giorno di dolore che uno ha". Più silenziosi ancora degli snob, mentre tutti festeggiano per finta la fine del mondo così come lo conoscevano i loro antenati (di cui un certo numero era troppo intento a dissodare zolle per alcuni aristocratici menefreghisti, per rendersi conto del 1861) Ma a quanto pare ce n'è un altro che è più sottocutaneo anche di quello dei tifosi della nazionale che ammortano le spese per le bandiere che accompagnarono la vittoria degli azzurri nell'estate 2006
I più preoccupanti restano una strana deformazione del primo gruppo. Il più ingente "aiuto da casa" che la classe politica al potere da noi abbia avuto. Le associazioni combattentistiche. Le quali hanno decorato la via più risorgimentale di cui disponiamo - Corso Vittorio Emanuele II - come se fosse né più e né meno la sede del fronte del sì in vista di un referendum per un'entrata in guerra. Vetrine di insospettabili pelletterie, come De Lucia, è come se avessero svolto un percorso identitario guerrafondaio, collocando accanto a delle pacifiche borsette, manichini in divisa armati di tutto punto, radiotrasmettitori e baionette compresi. Semplice eccesso di zelo o rigurgito fascista sottocutaneo? Quanto è distante questo al fatto che lo scorso Capodanno dei Popoli alle Cantelmo si intitolò: "Noi italiani"?
Ora ci direte che il risorgimentalismo del vicino è sempre più unitario. Che usiamo queste parole solo per invidia della giubba rossa. In realtà, quello che pensiamo è che 150 possono essere serviti anche alla conquista di poter risorgere individualmente, anche nel buio della propria cameretta. Risorgimento new-age? Risorgimento internet? A ciascuno la sua tipologia di stanza all'Hotel Risorgimento della memoria storica.
17 marzo 2011
10 marzo 2011
Miracolo in Biblioteca
(In edicola con 20centesimi)
Qualcosa di straordinario accadeva ieri alle sei del pomeriggio, dalle parti di via Cairoli, mentre una piccola folla festante di studenti, guidata da una specie di sciamano - chiaramente il leader del gruppo, a causa se non altro delle occhiaia di gran lunga più profonde di quelle degli altri - avanzava verso una meta che non sembrava altro che la più vicina biblioteca. Com'è usuale in occasioni come queste, le voci più disparate si facevano largo dalla testa del gruppo, fino alle sue ultime fila. Di studente in studente - molti dei quali avevano da poco lasciato la sala studio della biblioteca - le notizie si distorcevano e si amplificavano a dismisura. Chi sosteneva che Simona Manca fosse tornata a "scopare" ["pulire" ndr] nell'atrio veniva fortemente deriso dal resto della ciurma. Troppo poco, con tutto il rispetto. Neanche la matricola dalla media più alta del gruppo avrebbe messo da parte la prospettiva di una scommessa alla Snai per così poco. Altri erano certi addirittura che Moana Pozzi fosse tornata dall'inferno vestita da esponente di Io Sud e stesse forzando la macchinetta delle bibite con successo. In breve, qualcosa di più di un plotone di giovanotti - tutti di sesso maschile, tutti dotati di libri in spalla e di un brio insolito per l'ora - confluiva dalle vie del centro di Lecce in direzione dell'accesso monumentale all'ex Convitto Palmieri. Proprio dove oggi è ospitata la sede della Biblioteca Provinciale, intitolata a un Nicola Bernardini che, forse, non si era mai visto così strettamente sotto assedio, nella sua fortezza di carta e di pietra, come del resto parecchi altri luoghi di cultura di questi tempi.
Ebbene, una volta varcata la soglia della biblioteca, perfino lo sciamano non credeva ai suoi occhi. Eppure, quegli occhi avevano già visto una volta quello che c'era al di là di una semplice porta a vetri. E al di là di qualunque sua fantasia erotica. Poi, era corso ad avvertire gli altri.
In una semplice biblioteca pubblica stava accadendo qualcosa di sovrannaturale. C'erano file - che dico file: orde - che dico orde: eserciti di femmine giovani e belle in costume da bagno. Dai capelli mossi, lisci, biondi e bruni. Dalle tette naturali piccole, dalle tette naturali diversamente piccole. Rifatte male, rifatte bene, rifatte molto bene. Sfilavano prima una ad una, poi pure in gruppetti sul palco della prima sala a sinistra dall'ingresso, quella tradizionalmente votata a presentazioni di libri di Maurizio Maggiani o edificanti workshop sulla Costituzione della Repubblica Italiana, destinati agli allievi delle scuole elementari.
Oltre ai consueti dipinti ad olio d'ispirazione risorgimentale, un telo in fondo spiegava a grandi linee che cosa stava accadendo, mentre i ragazzi si pizzicavano a vicenda, lasciando segni forse indelebili sui loro delicati corpi di studiosi.
"Premio alla bellezza Gran Galá della moda. Fashion & Beauty". Si googla. Ce ne sarà per altre sette "sedute". Sette tardi pomeriggi in paradiso. La fila per il bagno, che già in serate normali è piuttosto ambito, per via del lusso estremo che presenta nei marmi e nelle seditoie, comincia in breve a diventare interminabile. Qualcuno fa pure lo spiritoso. Con tanto di zaini pieni di libri, indicandone il peso, i ragazzi si dicono: "Siamo tutti qui per lo stesso motivo". Un eroe di sincerità: "No, veramente sono qui per tutte ddhre fimmene mezze nude". A un certo punto qualcuno è colto dalla consueta allucinazione fantozziana. Solo, invece di vedere San Pietro sopra la traversa, quel qualcuno afferma di aver visto Giacomo Grippa - presidente dell'Unione Atei Agnostici Razionalisti, sezione di Lecce, frequente utilizzatore dei servizi della biblioteca - scrivere da qualche parte a pennarello: "Dio c'è". [Naturalmente è un'assurda illazione ndr].
Qualcosa di straordinario accadeva ieri alle sei del pomeriggio, dalle parti di via Cairoli, mentre una piccola folla festante di studenti, guidata da una specie di sciamano - chiaramente il leader del gruppo, a causa se non altro delle occhiaia di gran lunga più profonde di quelle degli altri - avanzava verso una meta che non sembrava altro che la più vicina biblioteca. Com'è usuale in occasioni come queste, le voci più disparate si facevano largo dalla testa del gruppo, fino alle sue ultime fila. Di studente in studente - molti dei quali avevano da poco lasciato la sala studio della biblioteca - le notizie si distorcevano e si amplificavano a dismisura. Chi sosteneva che Simona Manca fosse tornata a "scopare" ["pulire" ndr] nell'atrio veniva fortemente deriso dal resto della ciurma. Troppo poco, con tutto il rispetto. Neanche la matricola dalla media più alta del gruppo avrebbe messo da parte la prospettiva di una scommessa alla Snai per così poco. Altri erano certi addirittura che Moana Pozzi fosse tornata dall'inferno vestita da esponente di Io Sud e stesse forzando la macchinetta delle bibite con successo. In breve, qualcosa di più di un plotone di giovanotti - tutti di sesso maschile, tutti dotati di libri in spalla e di un brio insolito per l'ora - confluiva dalle vie del centro di Lecce in direzione dell'accesso monumentale all'ex Convitto Palmieri. Proprio dove oggi è ospitata la sede della Biblioteca Provinciale, intitolata a un Nicola Bernardini che, forse, non si era mai visto così strettamente sotto assedio, nella sua fortezza di carta e di pietra, come del resto parecchi altri luoghi di cultura di questi tempi.
Ebbene, una volta varcata la soglia della biblioteca, perfino lo sciamano non credeva ai suoi occhi. Eppure, quegli occhi avevano già visto una volta quello che c'era al di là di una semplice porta a vetri. E al di là di qualunque sua fantasia erotica. Poi, era corso ad avvertire gli altri.
In una semplice biblioteca pubblica stava accadendo qualcosa di sovrannaturale. C'erano file - che dico file: orde - che dico orde: eserciti di femmine giovani e belle in costume da bagno. Dai capelli mossi, lisci, biondi e bruni. Dalle tette naturali piccole, dalle tette naturali diversamente piccole. Rifatte male, rifatte bene, rifatte molto bene. Sfilavano prima una ad una, poi pure in gruppetti sul palco della prima sala a sinistra dall'ingresso, quella tradizionalmente votata a presentazioni di libri di Maurizio Maggiani o edificanti workshop sulla Costituzione della Repubblica Italiana, destinati agli allievi delle scuole elementari.
Oltre ai consueti dipinti ad olio d'ispirazione risorgimentale, un telo in fondo spiegava a grandi linee che cosa stava accadendo, mentre i ragazzi si pizzicavano a vicenda, lasciando segni forse indelebili sui loro delicati corpi di studiosi.
"Premio alla bellezza Gran Galá della moda. Fashion & Beauty". Si googla. Ce ne sarà per altre sette "sedute". Sette tardi pomeriggi in paradiso. La fila per il bagno, che già in serate normali è piuttosto ambito, per via del lusso estremo che presenta nei marmi e nelle seditoie, comincia in breve a diventare interminabile. Qualcuno fa pure lo spiritoso. Con tanto di zaini pieni di libri, indicandone il peso, i ragazzi si dicono: "Siamo tutti qui per lo stesso motivo". Un eroe di sincerità: "No, veramente sono qui per tutte ddhre fimmene mezze nude". A un certo punto qualcuno è colto dalla consueta allucinazione fantozziana. Solo, invece di vedere San Pietro sopra la traversa, quel qualcuno afferma di aver visto Giacomo Grippa - presidente dell'Unione Atei Agnostici Razionalisti, sezione di Lecce, frequente utilizzatore dei servizi della biblioteca - scrivere da qualche parte a pennarello: "Dio c'è". [Naturalmente è un'assurda illazione ndr].
In ogni caso, Dio solo sa se quello che sta accadendo di là sia opera del migliore dei consulenti dell'Assessorato alla Cultura della Provincia, per incentivo allo studio o qualche altra diavoleria del genere. O se sia solo una delle prime avvisaglie delle reazioni di Simona Manca alla minaccia fantasma di un "testo unico sui beni culturali", che dovrebbe partire a livello regionale "senza che gli assessori alla cultura ne siano stati invitati alla redazione". Certo è che le sue dichiarazioni di ieri non lasciano dubbi sull'impegno che la Manca ha in mente per la cultura salentina. "Non siamo agenzie di eventi, siamo istituzioni che hanno il dovere di fare cultura, non di organizzare spettacoli".Grazie ai nostri amministratori che sono riusciti nella difficile impresa di ricordarci l'altro modo - oltre a pensare troppo alle donne - che, per tradizione, è più efficace per diventare ciechi, o comunque per vederci decisamente meno: studiare troppo.
5 marzo 2011
Le due anime di Lunita Pascal
In edicola con 20Centesimi
Prendere un tè con la fashion designer Lunita Pascal e contemporaneamente con la sua assistente tuttofare, Bruna Pizzichini, non è mica un'esperienza che capiti tutti i giorni. L'occasione ci è stata fornita dall'allestimento di una piccola grande mostra mercato che la Pascal ha organizzato da Doppiozero, l'emporio-bistrot-caffetteria che da qualche mese rende possibili alcune delle più singolari esperienze gastronomiche della scena leccese. Comprese le famose jacked potatoes (patate arrosto ripiene, quintessenzialmente britanniche, quasi più del pudding) introdotte nella nostra dieta dal mitico Fabrizio detto Orso: il solo Mangiafuoco agroalimentare capace di dare vita a tutti quei prosciutti e di quei formaggi.
Mentre Lunita si godeva le attenzioni della stampa e ci accoglieva servendoci tè Lady Grey con biscottini greci (i "Kuluraki", sperando di non incorrere nelle ire di alcuna divinità olimpica, in caso di errori di trascrizione), la povera Bruna allestiva col sudore della fronte il set in cui si sarebbe esibito, a partire dall'indomani, l'estro della sua esigentissima principale. Una vera e propria - seppure elegantissima - Cenerentola fashionista, che non smetteva per un attimo di sistemare cappellini e scarpette su tavoli, pareti, credenze. Il tutto, nel "privé" di Doppiozero, che è già stato spazio per mostre d'are e di design.
A un'ora canonica più canonica per un aperitivo che per un tè, non appena ci siamo accomodati a quei tavoli country francese le identità, i talenti e le occupazioni delle nostre interlocutrici sembravano moltiplicarsi per un gioco di specchi. Già di per sé Lunita è una tipa complicata. Nome di ceppo iberico e dal sapore cangiante, cognome da fisolofo e teologo francese del seicento. Ma anche Bruna, la sua fidata maestranza, non scherza: nome semplice e diretto, cognome di antico lignaggio. Non a caso la sua boss ha un bel da fare per riuscire ad ottenere quello che vuole da cotanta manodopera.
In realtà, a questo punto, se non conosceste personalmente né l'una né l'altra delle nostre ospiti di questo forbito pomeriggio, una cosa ve la dovremmo dire, per coscienza. Non tutti i creativi riescono a tenere a bada un nome d'arte dal carattere forte come Lunita Pascal. E così è capitato alla nostra Bruna Pizzichini, che per continuare ad avere una vita normale (si fa per dire, con tutto quello che fa, monta, smonta e inventa), ha dovuto mettersi al servizio della sua stessa creatività. Finendo inquadrata come dipendente del suo nom de plume, che altri non è che - appunto - Lunita Pascal.
E il bello è che solo in occasioni come questa della mostra mercato di Doppizero (in via Paladini 2, nel pieno centro storico di Lecce) i compiti sono perfettamente ripartiti. Lunita stilista di sciarpe double face di forma ittica (ma molto più profumate del pesce); Bruna ape operaia infaticabile che trasporta scatoloni.
Altre volte, è molto più difficile stabilire chi sia Bruna e chi Lunita. Quale delle due, ad esempio, conduce Radio Gaga su RadioRama: trasmissione cult dedicata alla cultura degli anni '80, in onda ogni domenica sera dalle 22 alla mezzanotte. O chi disegni con tanta grazia un certo fumetto su Facebook. Per non parlare di chi è la fotografa professionista del duo. Sono come una coppia di gemelle, perfettamente identiche nell'aspetto, che si divertono a scambiarsi i ruoli secondo le situazioni e le esigenze. E non è affatto detto che sia sempre Lunita a spuntarla sull'altra, perché l'esperienza e il savoir faire di Bruna non soccombono con facilità ai vezzi e alle vocine dell'altra.
Così, mentre Lunita ci racconta dell'artigiano che cucie alla pelle dei suoi mocassini unisex le suole necessarie perché quei concept di morbidezza e flessibilità siano anche indossabili per una reale passeggiata, Bruna pone le ultime etichette all'interno delle scarpe: "Lunita Pascal.
Made in Lecce". Perché niente è stato demandato all'estero, tranne che il perfetto accento inglese di entrambe. Ma ci sono anche copricapi realizzati ingegnosamente da collant smagliati (da non credere) e borsette talmente delicate che sembrano la cuffietta di una bambina d'antan. Tutti pezzi unici e tutti fatti amano. In più, se non vi basta quello che trovate da Doppiozero potete fare un giro sul sito www.lunitapascal.com, dove potete anche fare acquisti tramite PayPal.
Prendere un tè con la fashion designer Lunita Pascal e contemporaneamente con la sua assistente tuttofare, Bruna Pizzichini, non è mica un'esperienza che capiti tutti i giorni. L'occasione ci è stata fornita dall'allestimento di una piccola grande mostra mercato che la Pascal ha organizzato da Doppiozero, l'emporio-bistrot-caffetteria che da qualche mese rende possibili alcune delle più singolari esperienze gastronomiche della scena leccese. Comprese le famose jacked potatoes (patate arrosto ripiene, quintessenzialmente britanniche, quasi più del pudding) introdotte nella nostra dieta dal mitico Fabrizio detto Orso: il solo Mangiafuoco agroalimentare capace di dare vita a tutti quei prosciutti e di quei formaggi.
Mentre Lunita si godeva le attenzioni della stampa e ci accoglieva servendoci tè Lady Grey con biscottini greci (i "Kuluraki", sperando di non incorrere nelle ire di alcuna divinità olimpica, in caso di errori di trascrizione), la povera Bruna allestiva col sudore della fronte il set in cui si sarebbe esibito, a partire dall'indomani, l'estro della sua esigentissima principale. Una vera e propria - seppure elegantissima - Cenerentola fashionista, che non smetteva per un attimo di sistemare cappellini e scarpette su tavoli, pareti, credenze. Il tutto, nel "privé" di Doppiozero, che è già stato spazio per mostre d'are e di design.
A un'ora canonica più canonica per un aperitivo che per un tè, non appena ci siamo accomodati a quei tavoli country francese le identità, i talenti e le occupazioni delle nostre interlocutrici sembravano moltiplicarsi per un gioco di specchi. Già di per sé Lunita è una tipa complicata. Nome di ceppo iberico e dal sapore cangiante, cognome da fisolofo e teologo francese del seicento. Ma anche Bruna, la sua fidata maestranza, non scherza: nome semplice e diretto, cognome di antico lignaggio. Non a caso la sua boss ha un bel da fare per riuscire ad ottenere quello che vuole da cotanta manodopera.
In realtà, a questo punto, se non conosceste personalmente né l'una né l'altra delle nostre ospiti di questo forbito pomeriggio, una cosa ve la dovremmo dire, per coscienza. Non tutti i creativi riescono a tenere a bada un nome d'arte dal carattere forte come Lunita Pascal. E così è capitato alla nostra Bruna Pizzichini, che per continuare ad avere una vita normale (si fa per dire, con tutto quello che fa, monta, smonta e inventa), ha dovuto mettersi al servizio della sua stessa creatività. Finendo inquadrata come dipendente del suo nom de plume, che altri non è che - appunto - Lunita Pascal.
E il bello è che solo in occasioni come questa della mostra mercato di Doppizero (in via Paladini 2, nel pieno centro storico di Lecce) i compiti sono perfettamente ripartiti. Lunita stilista di sciarpe double face di forma ittica (ma molto più profumate del pesce); Bruna ape operaia infaticabile che trasporta scatoloni.
Altre volte, è molto più difficile stabilire chi sia Bruna e chi Lunita. Quale delle due, ad esempio, conduce Radio Gaga su RadioRama: trasmissione cult dedicata alla cultura degli anni '80, in onda ogni domenica sera dalle 22 alla mezzanotte. O chi disegni con tanta grazia un certo fumetto su Facebook. Per non parlare di chi è la fotografa professionista del duo. Sono come una coppia di gemelle, perfettamente identiche nell'aspetto, che si divertono a scambiarsi i ruoli secondo le situazioni e le esigenze. E non è affatto detto che sia sempre Lunita a spuntarla sull'altra, perché l'esperienza e il savoir faire di Bruna non soccombono con facilità ai vezzi e alle vocine dell'altra.
Così, mentre Lunita ci racconta dell'artigiano che cucie alla pelle dei suoi mocassini unisex le suole necessarie perché quei concept di morbidezza e flessibilità siano anche indossabili per una reale passeggiata, Bruna pone le ultime etichette all'interno delle scarpe: "Lunita Pascal.
Made in Lecce". Perché niente è stato demandato all'estero, tranne che il perfetto accento inglese di entrambe. Ma ci sono anche copricapi realizzati ingegnosamente da collant smagliati (da non credere) e borsette talmente delicate che sembrano la cuffietta di una bambina d'antan. Tutti pezzi unici e tutti fatti amano. In più, se non vi basta quello che trovate da Doppiozero potete fare un giro sul sito www.lunitapascal.com, dove potete anche fare acquisti tramite PayPal.
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