21 giugno 2010

I mostri da mostra

In edicola con 20 Centesimi.


È buona norma fra i frequentatori assidui di mostre e vernissage quella di distinguere fra due filoni principali di "altri" frequentatori. Questo accade perché - vuoi per immodestia, vuoi per mancanza reale di competenze tecniche in merito di loro simili, o di "prossimo" in senso lato - i frequentatori assidui di mostre o vernissage si considerano al di sopra di ogni categorizzazione. Il panorama leccese non presenta, purtroppo, un numero abbastanza elevato di eventi artistici tale da permettere alle due categorie in questione di profilicare e di rivaleggiare, magari nella maniera massiccia cui siamo abituati dall'osservazione degli stessi fenomeni in città più grandi e attente agli assessori alla Cultura. Eppure, nonostante questo, ecco questi due tipi universali scavarsi le rispettive nicchie faticosamente nel tessuto sociale salentino, e renderci i destinatari della loro epifania - immancabilmente - anche all'inaugurazione dell'ultima mostra di "Lecce Spazio Vivo".



Il primo ci viene incontro - anche se sarebbe più corretto dire che ci è venuto addosso - non appena mettiamo piede nel raccolto spazio espositivo di via Palmieri. È il tipo "invitato". È sempre preparatissimo sull'artista esposto, come se quel tipo barbuto che agita le mani qualche metro più in là - e che non fa il minimo cenno di averlo riconosciuto, nè di volerlo salutare - fosse Pablo Picasso in persona. Anzi, spesso è preparato su di lui più di quanto non lo sia su Picasso stesso (fra l'altro in mostra per tutta l'estate 2010 al Castello Aragonese di Otranto). Ma questa è chiaramente un'altra storia. Il tipo invitato, comunque,

quale che sia il tema della mostra, anche se fosse una chiara occasione di raccolta fondi benefica o chissà quale altra diavoleria, comunque presenta un'espressione del volto inequivocabile. In cuor suo, chiede ogni secondo scusa al caro esposto per la presenza di ciascuno degli altri visitatori. Si scusa per i loro figli, per il loro approccio alle opere, per le loro stesse acconciature. Nessuno, d'altra parte, sa chi lo abbia tecnicamente invitato. Fatto sta che il tipo invitato ha in mano una brochure e non sta fermo un solo secondo.

La vita del tipo imbucato, al contrario, è molto più semplice, ma non meno fastidiosa. Si trova alla mostra perché, sulla strada per il McAndrew - il noto fast food amatoriale, ma non tanto amato, di fianco all'ex Istituto Margherita di Savoia - la sua fidanzata in pectore ha notato un quadro "ngraziato" sulla locandina del vernissage. Per questo, il tipo imbucato esegue un rapidissimo test psico-attitudinale nei confronti della suddetta fidanzata (quasi sempre di recente acquisizione) e stabilisce di essere effettivamente in grado di impressionarla. Da questo momento fino alla fine del suo soggiorno presso l'evento culturale da lui prescelto, il tipo imbucato non smetterà di parlare in dialetto stretto di quanto sia "particolare" la luce dei dipinti del caro esposto. Con una rapida considerazione su quanto debbano essere cari, lascia la mostra sicuro della durevolezza nel tempo della conquista appena fatta.

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