9 novembre 2010

Michele Emiliano, il comunicatore corsaro e semi-abusivo

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Sembra che ci siano solo due modi di usare Facebook efficacemente, da parte di un politico: quello subdolo e quello molto subdolo. Altro conto sono le assenze o le assenze di fatto dai social network: la tendenza alla Fitto, per intenderci; ma non ce ne vogliamo occupare questa volta.

Il primo modo di essere su Facebook e di esserci con profitto è quello più classico che si possa immaginare. L'atteggiamento alla Nichi Vendola, per citarne solo il caso più eclatante. Lo seguono, spontaneamente, in moltissimi, da prima ancora che Nichi o alcuna fabbrica di esso sbarcasse sulla piattaforma. Si tratta di esponenti di primo piano di grandi partiti come di piccoli consiglieri di comune non egemone. L'atteggiamento in questione consiste nel fingere, nel simulare di essere altro da sé, qualcuno che non si é. Beninteso, non è affatto necessario risultare qualcosa di molto lontano dalla realtà. In qualche caso basta semplicemente essere un po' più educati, più preparati, più democratici e più professionali di quello che non si è. In pratica, dei politici. Solo i fuoriclasse, come Vendola appunto è, riescono ad accorciare drasticamente il gap fra quello che sono o quello per cui sono percepiti nella realtà e quello che vogliono essere su Facebook. Questo primo modo per usare Facebook da parte di un politico professionista, che sia in odore di candidatura, che sia già in campagna o che sia a un governo o a un'opposizione, resta il meno rischioso e il più efficace. 
 
Non è una pratica molto dissimile dal prolungare la dimensione comunicativa dell'addetto stampa, ma in un contesto stabilmente frequentato anche da chi ai comunicati stampa non può accedere. Quello che fanno questi politici una volta su Facebook non è neanche troppo dissimile da quello che svolge quotidianamente, con altrettanta dedizione e acceleratore schiacciato sulla finzione di sé, rispetto a un'altra categoria ben più vasta di utenti di Facebook: gli utenti di Facebook professionisti. Questo è la dimostrazione che Facebook ci ha reso progressivamente sempre più l'ufficio stampa scadente di noi stessi, cui vorremmo affidare temporaneamente solo il meglio della nostra vita, e cui finiamo per consegnare per sempre tutto il peggio di quello che siamo: delle persone che non si accettano e che si vogliono diverse. Sia rivolto ai politici come ai latin lover: non c'è una possibile bella copia di se stessi. 

Il secondo modo di accedere a Facebook e di sfruttarlo a fini politici è molto più rischioso, ma anche molto più soddisfacente. Si tratta di essere se stessi fino al punto di comunicarvi idee, concetti o battutine che neanche nel più agitato dei congressi di partito un politico si sognerebbe di pronunciare. Nonostante sia una modalità più rischiosa, facciamo attenzione, è anche un modo più codardo, alle volte. Una codardia che però ha già dimostrato più volte di pagare tantissimo, e il principe di questi furbi fifoni è proprio il sindaco di Bari, Michele Emiliano. Emiliano gestisce da sé questo spazio in cui comunica l'incomunicabile, protetto da una doppia credenza: che quello che compare su Facebook non sarà mai preso davvero altrettanto sul serio rispetto a una vera dichiarazione o a un comunicato stampa classico. La seconda credenza è che, per quanto gravi o sopra le righe possano essere effettivamente gli aggiornamenti che pubblica dal suo cellulare, saranno sempre più gravi o sopra le righe i commenti che riceveranno dagli utenti o dai diretti interessati.

Così, ogni volta che a Emiliano viene in mente una boutade come si deve (l'ultima è quella che riguarda l'assessore Guglielmo Minervini, accusato da Emiliano, su Facebook, di abusare della sua auto blu: "Non sono come gli assessori regionali ai Trasporti, che parcheggiano in doppia fila davanti alla sede di via Re David"), la risposta è quasi certa: ("Lo stile non è acqua. Ma le risse non mi attraggono", ha postato poco dopo lo stesso Minervini"). Ed è anche quasi certe che il post diventerà notizia. Anzi, una doppia notizia. Un repost, in pratica. Una volta per i suoi contenuti impubblicabili altrove, una volta perché sono stati pubblicati su un mezzo moderno e à la page come Facebook. Insomma, Emiliano, come comunicatore corsaro e semi-abusivo, avrebbe da dare lezioni perfino a Berlusconi.

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