23 luglio 2010

La cameretta da letto dei giovani politici leccesi

All'indomani del disvelamento della rosa a 13 della nuova Giunta Comunale, i "senatori" della politica salentina non cessano un istante il loro dibattito sul destino di Palazzo Carafa. Sono 3 i filoni principali di discussione: "dove andremo a finire", "non sanno con chi hanno a che fare", "non sanno chi sono io". Il dibattito è portato avanti con mezzi tradizionali, perlopiù su carta stampata, televisioni locali, sit-in di protesta o semplici urla domestiche. Il virgolettato intorno alla parola "senatori" ci sta tutto, se non altro perché, per quanto anziani, non sempre le ambizioni elettorali hanno arriso ai più saggi attori della scena politica salentina; e non tanto perché questo non sia un paese per vecchi, ma più che altro perché non è un Parlamento per meritocratici. Eppure, altamente noncuranti di tante rispettabili, seppure tremanti dita puntate contro di loro, i giovani protagonisti futuro della politica nostrana fanno buon viso a cattivo gioco, e si godono il loro momento di rinnovata gloria nel modo che è loro più naturale, oltre che quello meno intercettabile dagli anziani: si presciano su Facebook.
Per molti dei nostri politici giovani, infatti, un profilo personale su Facebook è come la cameretta di un bambino: sono tutti sporchi (messaggi ovunque; inviti agli eventi più imbarazzanti, nelle location meno esclusive; allusioni a bagordi da parte di incauti contatti, sono all'ordine del giorno), sono illusoriamente privati (la maggior parte dei profili non necessita che l'utente che li consulta sia "amico" del consigliere o dell'assessore in questione, tutto è alla mercè di chi sappia effettuare una semplice ricerca per cognome o nome d'infamia) e, soprattutto, sono il territorio di uno sfogo personale
Il fatto è che, come gli adolescenti non sanno che ogni loro più intimo segreto consegnato ai cassetti della loro camera da letto è poi quotidianamente soppesato da madri e colf, così i nostri politici giovani sembrano ignorare che, di Facebook e affini, molti over-sessanta ne sanno molto più di loro. Ma questa è un'altra storia. Il simbolo di questa protesta tecnologica e generazionale diventi fin da subito la foto del profilo del compassato, serioso e antipaticissimo Attilio Monosi, colto con un calice di vino, la mano alzata in gesto di sfida, e lo sguardo perso nel vuoto di una innaturale sregolatezza. La tipica sregolatezza di chi non è abituato a esserlo. C'è anche un'altra cosa a cui, evidentemente, Attilio non deve essere avvezzo, ed è l'ironia. Lo status che campeggia in queste ore sul suo profilo vorrebbe essere dei più perfidi, ma non riesce a far altro che a suscitare la reazione di un suo contatto che, non comprendendolo, non sa fare di meglio che commentare un generico: "Daje Attilione!". Perché, speriamo, c'era un tentativo di ironia, nell'annunciare la sua solidarietà a Carlo Salvemini, in merito alla protesta del consigliere contro la nuova Giunta, e a proporre la ricerca per un simbolo della coalizione "I PD". Per inciso, anche Salvemini aveva affidato proprio a Facebook, poche ore prima, il suo grido di dolore, isolato anche dal suo centronistra stesso: "La colpa è anche dell'Adriana".
Chi invece, gongola e basta, è Massimo Alfarano, il neo-assessore alla Cultura. Sua la bacheca virtuale più affollata di complimenti e notifiche di giubilo, da parte anche della più insospettabile intellighenzia leccese. Fra cui non possiamo non rammentare "Francesco di Tondo Moto Yamaha Lecce".

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