17 settembre 2010

Elogio di Andrea Baccassino

In edicola con 20Centesimi.

Andrea Baccassino - come ama dire egli stesso - appena nato era già neretino, in un 1973 forse ancora troppo poco lontano perché la sua produzione musicale possa dirsi di culto, ma già abbastanza perché sia ora di parlarne più diffusamente, almeno rispetto a una delle solite brevi di spettacolo.
I titoli delle sue "opere" non vi saranno tutti noti. Ma vi faranno subito ridere, appena ne avrete colto l'assonanza con il successo pop da cui, di volta in volta, derivano. Successivamente, vi chiederete come avrà svolto, in decine e decine di casi, la complicata matassa della traslazione nel suo dialetto delle varie "Hey Jude" ("Ehi, Ucciù / ma comu gghè / puerti 'ddh'uecchi / mmattuliciati), "New York, New York" ("Nci so' mille città / ma so' felice qua / piccé so' di Nardò Nardò). Vi stupirà la varietà di temi e situazioni che Baccassino riesce a mettere in scena, con piglio da vero scenografo di teatrino, in così pochi versi e con così ristrette possibilità metriche. Ma cos'è che fa cantare le piccole folle dei più rinomati pub di Galatone, come dei peggiori wine bar di Lecce?

La principale differenza fra un vero cantore comico e dialettale contemporaneo - come può esserlo stato Federico Salvatore per la Napoli negli anni '90, o Checco Zalone per la Bari degli anni 2000 - è che Baccassino non usa solo la realtà quotidiana come materia prima da cui trarre la forma delle sue liriche. Bensì, adopera la parola musicata stessa, facendo dei testi altrui nient'altro che una seconda metrica al suo servizio. E con una tale decisione che, fra i casi citati, Baccassino è l'unico che può essere goduto al di là delle performance di piazza o in video: basta solo ascoltarlo. Andrea usa la musica e le canzoni - dotte o popolari che siano, spaziando da Battiato fino ai Ricchi e Poveri - senza ripetere pure a Nardò le missioni - più o meno volontariamente - culturali degli Zaloni di tutta Italia, che prendono un'identità dialettale o pseudodialettale e la elevano momentaneamente al rango di linguaggio nazionale, in un contesto di italiano "ufficiale" ormai in ogni caso imploso, fin dalle fondamenta delle sue istituzioni scolastiche. Baccassino, al contrario, preleva un aspetto della musica nazionale o internazionale e la sottopone a Nardò e alle sue contraddizioni più amare o fascinose. Le epifanie di bellezza nascoste nel vicolo più sudicio; gli inconvenienti dei sanitari rotti proprio nel momento più importante; e ciascun altro prodotto di quella particolarissima ermeneutica della sfiga e della ristrettezza che, da sempre, solo i comici più sboccati e dolceamari sanno elevare a metodo cognitivo.
La differenza fra lui e un cantante vero, magari un pomposo cantautore, è parte integrante della sua estetica popolana, e guai a toccargliela. Forse è proprio per questo che, nonostante l'indubbio successo di pubblico (quanti suoi colleghi amano fingersi il nuovo Gigi D'Alessio, per molto meno), Andrea ha l'immensa, quasi commovente modestia - per uno che, tutto sommato, ha dimostrato di saper dominare le parole - di abbracciare con entusiasmo la distanza che lo separa dalla cosiddetta musica pop ufficiale. Proprio ciò che lo rende commercialmente borderline - se non penalmente rilevante, visto che è un fatto che non risultano ancora abrogati quei due o tre articoli di legge sul diritto d'autore - è la sua forza.

Anche se le sue sono chiaramente parodie, Baccassino non deride mai il testo originale della canzone che trasforma, ma solo la realtà contradditoria della parte di provincia che ha deciso di raccontare. Le corse per fare in tempo a portare in spalla la statua di un Santo; gli eccessi in piastrelle e marmi dei nuovi ricchi del paesino; le grottesche tecniche di seduzione di femme fatali mancate. Per questo che nessun autore delle musiche originali potrebbe mai volergli male.
Baccassino è immediato come l'amico d'infanzia che storpia le canzoni della nostra autoradio, in attesa che a nostra volta possiamo storpiare le sue, visto che, fino a prova contraria, non tutti i salentini, soprattutto giovani, riescono a capire al volo molti suoi testi (e magari proprio operazioni culturali come la sua possono aiutarci in questa direzione del recupero della cantata, se non della parlata, dialettale).
Insomma, stasera, nel cuore della sua Nardò ("Vite! Vinotecheria Musicale", ore 22), ascoltiamo Baccassino senza pregiudizi di sorta. Apriamoci a questo raro caso di musicista contemporaneo che non teme la pirateria, perché era pirata - della lingua e della musica - egli stesso, prima ancora di automasterizzarsi il primo cd vergine.

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