22 settembre 2010

Cos'è il culto di San Gisponzio

In edicola con 20Centesimi

Sembra che la società di oggi non riesca ad alimentare molti culti all'infuori di quelli generati o dai fenomeni pubblicitari - credi profondissimi, anche monoteistici a tratti, che non durano però più di una stagione televisiva - o da quella parte della produzione cinematografica che, instancabilmente, cura l'immagine delle malavite e dei malavitosi. Un lavorio contro cui tutte le arti della cronaca nera - perfino se passata in televisione - possono sempre meno, avviluppate come sono dalla santificazione di quello che i critici definiscono eroe negativo; ma che chi ne ha davvero incontrato uno per strada, semplicemente, chiama mafioso.
La nostra capacità di credere in qualcosa è ormai talmente particolarizzata e, a un tempo, anonimizzata al cospetto delle grandi fedi di massa del passato, che i polemisti ritengono che sia solo una questione di tempo e ognuno di noi corrisponderà al proprio idoletto personale. Questo, in maniera non dissimile da quanto fece Time Magazine qualche tempo fa, incorniciando come uomo dell'anno, in una sua copertina epocale (argentata, con effetto specchio), nient'altri che "you" - il lettore. Noi, tutti.
Solo un uomo, vestito di un'ampia tunica scura; dotato di lunga barba bianca e di una bella tre quarti di "Dreker" in mano (che impugna con la stessa interessata indifferenza con cui i suoi colleghi cattolici recano in mano i rametti di palma, simboli del loro martirio) può fare qualcosa per salvarci. O, quantomeno, per sbronzarci. Prima che che don Tonino Bello possa fare il grande salto di qualità; proprio ora che Padre Pio, che invece lo ha già fatto, pare essersi un po' imborghesito; solo uno sembra poter rispondere alle nostre primigenie esigenze di culto e di dionisiaca adorazione di qualcosa che non sia né Steve Jobs né i nostri pettorali. Secondo Dario Vadacca, che della relativa Chiesa è Pontefice Massimo, quest'uomo risponde al nome di San Gisponzio.
Io lo immagino, il Pontefice-Mago di Oz-Vadacca, nell'atto di dare vita - al posto che riceverne - al suo piccolo, grande Dio: parodizzando, in cuor suo, metà delle iconografie rinascimentali sacre. Le mani dell'uomo e della divinità sono tesissime, fino quasi a toccarsi al centro del cielo e del mondo, mentre ci accorgiamo che in realtà niente si sta creando, niente si sta distruggendo, ma Dio sta solo chiedendo da accendere ad Adamo, che gli ha appena passato una canna. Ma lasciamo alla Parola di Papa Vadacca il compito di definire meglio le dottrine dei gisponziani.

"Il culto di S. Gisponzio parte da un'idea manichea del mondo: esiste il bene, costituito dal divertimento e dallo spirito goliardico, ed esite il male, costituito dalla negazione di tutto ciò. Sembrerebbe una filosofia edonistica ma non è così, poichè a muovere le azioni del fedele non è solo il piacere ma anche il dovere nei confronti della causa e degli altri adepti". Il Pontefice continua: "E' necessaria un'incrollabile fede nella botta di culo, intesa come strumento che consente di superare gli umani limiti e può condurre ad esito positivo qualsiasi prova non superabile con le nostre sole forze". Non è difficile immaginare che la Bibbia di questa fede potesse essere già presente in molti dei suoi adepti, ben prima della rivelazione della Parola gisponziana, ma aveva bisogno di una codifica, che Vadacca, da perfetto sacerdote moderno, ha deciso di affidare ai social network. Già 549 spiriti eletti sono fan facebookiani di San Gisponzio: un numero certamente destinato a crescere, ma senza esagerare, a patto che i nuovi arrivati non portino da bere, beninteso. Soprattutto sono tenuti a farlo in occasione delle Feste Patronali in onore di Gisponzio (di cui l'ultima, celebrata alla Masseria Le Fattizze lo scorso 31 luglio, non lontano da Torre Lapillo).
I pessimisti possono pensare che la cultualità di Gisponzio altro non sia una versione deviata del noto "vaffanculo pensiero" (di cui, del resto, certo non mancano notevolissimi interpreti salentini). In realtà, crediamo che la verità stia da un'altra parte.
Da sempre, o da troppo tempo perché non cerchiamo almeno ricordarcelo, la storia delle religioni, insieme con quella delle arti figurative, con infiniti esempi, riti e tradizioni, non ha fatto altro che provare a insegnarci che tutto quello che conta, per vivere bene in questo mondo, è credere in qualcosa che apparentemente non ne faccia parte. Che ne sia migliore, superiore, o anche solo diverso. Prendete, non a caso, Steve Jobs o Gigi D'Alessio.
Grazie, allora, Sommo Pontefice Vadacca, per averci mostrato un'altra volta - che per alcuni, se non ci andiamo piano con gli alcolici e il resto, potrebbe anche essere l'ultima - che forse solo i greci della prima democrazia (o al massimo i latini delle ultime orge prima della crisi), potevano permettersi di somigliare tanto ai propri dei. Oggi, se gli dei torniamo ad essere noi, stiamo freschi. Piuttosto, guardiamo in avanti e pensiamo alla Sbronza di Fine Mondo, che il calendario gisponziano ha fissato, con ironia alla Douglas Adams, per il 21/12/2012.

Nessun commento:

Posta un commento

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...