5 ottobre 2010

Come recensire il romanzo giallo di Oronzo Limone

In edicola con 20 Centesimi

Siamo da sempre avidi fruitori tanto di cronaca nera quanto di spy stories. Per noi, le rapine della banda della Toyota Aygo, fra San Cesario e Leverano e le avventure intramonasteriali di Adso da Melk, se proprio non sono una cosa sola, ecco, capita che occupino momenti relativamente contigui di una giornata di intensa lettura.
Dunque, per forza di cose, quando abbiamo avuto notizia dell'uscita de "Il segreto della miniatura", non abbiamo preso fra le mani il romanzo di Oronzo "Renzo" Limone, uscito per i tipi di Manni Editori (183 pp., 16 euro), scevri da qualunque forma di pregiudizio. Non lo avremmo fatto comunque se Renzo fosse stato semplicemente un accademico di alto rango, prima di diventare orditore di fiction dal fascino misterioso; e non lo abbiamo fatto - a maggior ragione - dal momento che lo stesso Renzo è stato un rettore "politico" dal potere formidabile, per molti eccessivo, su un grande Ateneo del Sud Italia: quello salentino. Che un anno fa Limone sia stato rinviato a giudizio per abuso d'ufficio e falso in atto pubblico, è una questione ancora altra, sulla quale non vogliamo farvi soffermare più del dovuto. Saremo dunque peggiori della "Gazzetta del Mezzogiorno" - che, invece, è riuscita a recensire lo stesso libro senza fare il minimo riferimento ai trascorsi giudiziari del suo Magnifico autore - esclusivamente nella fase di questa premessa: confessiamo di avere avuto dei pregiudizi di natura morale e di averli abbattuti.
"Il segreto della miniatura" non è solo un buon libro giallo firmato da un ex potente, col contorno dei soliti sospetti di averlo commissionato a un ghost writer sensibilissimo (perlomeno nel prenderci in giro fino al punto da disseminare certe ingenuità assolute nei dialoghi: "Scooby avrà la sua cuccia a casa mia"). C'è di più: la verità è basta leggerne qualche pagina perché ci si renda conto che sono alte, altissime le probabilità che sia un buon libro giallo realmente scritto da un ex potente, magari con qualche senso di colpa e un bel po' di Letteratura medievale alle spalle. Fra l'altro, nessun ghost writer riesce ad essere pagato per libri di meno di 600 pagine. Siamo insomma davvero davanti a una sorta di codicillo Da Vinci de' noantri, ma con meno voglia di fare "botteghino" e tanti meno anacronismi madornali.

Infatti, se mai questo volumetto agile ma, densissimo di avvenimenti, di cambi di location e superbe descrizioni (le famose "descrizioni" che i giovani lettori aborrono, contro i ben più attesi "dialoghi", qui oggetto di un tentativo di rivalutazione senza precedenti, da parte di uno scrittore ) dovesse passare alla storia della letteratura, sarebbe per il modo in cui l'autore si palesa nel suo personaggio, rigorosamente voce narrante.

Rispetto a Dan Brown, Renzo "Lemon" ha un grande punto di forza: non vuole assolutamente destare a tutti i costi l'attenzione del suo lettore, magari con una bella farcitura citazioni e riferimenti culturali scelti a tavolino fra i più "cliccabili" (la solita triade Vaticano, Massoneria, Occultismi vari). Tutt'altro: vuole davvero interessarlo. Lemon, come un vero professore privo di manie di protagonismo da PowerPoint, nel suo romanzo mette in gioco pochi ma buoni elementi e, per quanto possano essere effettivamente importanti le coordinate storico-culturali in cui li fissa, l'impressione di chi legge è perennemente che contino di più i collegamenti fra gli elementi a disposizione che gli elementi stessi, o i preti che si indignano.

Per questo, come dicevamo, quello che rende ancora più speciale questo libro, all'interno del suo particolarissimo genere (che corrisponde, all'ingrosso, ai libri scritti da ex potentati, con forte sospetto di avere un ghost writer, che poi si rivela essere l'ex potentati stessi), sono le sue descrizioni di ambiente. Come siano ancora più dialogiche dei dialoghi presenti: sempre psicologicamente carichissime, sempre le parti di un capitolo a fare la differenza. Le migliori, quelle degli atteggiamenti e delle fisime del bibliofilo colto nel suo sancta santorum: la sala lettura.

Il definitiva, la cosa che ci stupisce di più leggendo "Il segreto della miniatura" "tutto d'un fiato", non è tanto che Renzo Limone avrebbe potuto fare il ghost writer di un altro potente, e vivere felice così, rivoluzionando dall'interno un genere letterario saturo e decadente, come è quello del tentato best-seller italiano sulla falsariga dell'ultimo autore di strasuccesso anglofono (e ce n'è per ogni sottogenere, dagli epigoni lucani della J.K. Rowling di Harry Potter, fino ai wannabe Gianrico Carofiglio di Mondragone, considerando, oltre al "passato", anche Bari una "terra straniera").
Quello che ci fa tremare le mani, nel momento stesso in cui chiudiamo il semplice ma costoso paperback prodotto dai Manni, è che quello che veramente ucciderà questa prima edizione, dal punto di vista delle prospettive di vendita su suolo nazionale, non è certo il fatto che sia stato scritto da un ex rettore leccese, ma il fatto che abbia una copertina orribile.

Nessun commento:

Posta un commento

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...