21 ottobre 2010

Dove si fa la spesa nobile nel Salento

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Lo speciale dedicato a Fulco Ruffo di Calabria, pubblicato sul Corriere del Mezzogiorno di ieri, ci ha rivelato un nobiluomo ormai salentino d'adozione, e fortemente simpatizzante col concetto di mercatino. E' evidente in ogni singola segnalazione culinaria o balnerare, da parte di Fulco, che il settore in sé della distribuzione di massa non faccia al caso suo. Ma due interrogativi si sono posti, allora, alla cortese attenzione dei lettori più attenti del supplemento meridionalista del più importante quotidiano italiano. Il primo è tutto incentrato sul perché mai Fulco Ruffo di Calabria viva a Lecce. Il problema, come saprà benissimo il fruttivendolo andranese, patuense o gallipolino che si sia imbattutto almeno una volta nel bel principe brizzolato  (e abbia anche seguito almeno l'edizione de L'Isola dei famosi cui egli partecipò) non è affatto di facile soluzione. Il secondo dubbio, sul cui scioglimento possiamo contare su basi empiriche più salde, riguarda dove faccia la spesa il resto dei nobiluomini salentini, e dove la maggior parte dei nuovi ricchi che ne scimmiottano costantemente le - supposte - abitudini. Diciamo supposte, se non altro, perché è cosa nota ormai quanto il luogo in cui Fulco preferisce fare il bagno (il porticciolo di Tricase), che un nuovo ricco potrà sempre solo intravedere attraverso una sorta di velo di Maya le abitudini dei nobili sopravvissuti alle grandi guerre e alla piccola e media impresa. Che quel velo di Maya sia intessuto in gran parte di articoli come questo del Corriere del Mezzogiorno, che si aggiunge a una lunga sfilza di rubriche di Chiarella D'Ambrogio, ben archiviata nelle nostre menti, e pubblicata nella stessa sede, ecco, questa è un'altra storia. Quello che conta qui è dove i veri nobili salentini comprano le vivande che consumano sul loro desco, e dove i neo ricchi se le fanno comprare.
E arriva la prima sorpresa. Il vero nobile salentino, soprattutto se diversamente decaduto, ma poco intenzionato a consumare merce scaduta (magari ereditata insieme ai mobili), fa la spesa al discount. Il grosso almeno, il clou degli acquisti settimanali in grado di foraggiare anche 4, 5 o 6 discendenti in odore di sempre maggiori impegni a calcetto. Le materie prime che contano: soprattutto pasta, ortaggi e verdura. Qualche numero in meno per quanto riguarda le carni rosse; qualche sospiro di sollievo davanti a carni bianche che, dopo settimane di dubbi e incertezze, finalmente sembrano fresche come si deve. E' possibile avvistarne a frotte, di questi piccoli e medi nobili, che si salutano in fila alla cassa dell'Eurospin di viale Rossini, angolo via Cicolella. Sono in fila esattamente come i nomadi di mezza età che, da prima ancora che i nobili in questione potessero anche solo pensare di mettere piede in un Eurospin, o anche solo immaginare il concetto di Eurospin, già erano l'aristocrazia dei discount e sapevano perfettamente come forare una confezione di savoiardi Dolciando & Dolciando, in modo da poterne assaggiare anzitempo il prezioso contenuto. I nobili scorgono i nomadi, si approntano al solito diniego d'elemosina, come avviene per le strade, quando poi si accorgono che la mano protesa dallo zingaro non è vuota, ma propone un euro in moneta da infilare nel nobile destriero che l'aristocratico governa, nelle fattezza di un carrello di colore blu come il suo sangue. Lo zingaro ha cambiato due da cinquanta centesimi al nobile e il nostro vecchio mondo è già un po' più nuovo.
Tutto all'opposto per il nuovo ricco. Il nuovo ricco, innanzitutto, è persuaso che sia suo preciso dovere somigliare il più possibile a uno zotico. Cosa in cui peraltro riesce benissimo. Il suo obbiettivo è essere il più rurale possibile, il che ha, per ora, avuto solo l'effetto di renderlo il meno urbano sostenibile. La sua casa deve sapere di mungitura, anche se è un attico che dà sulla villa comunale. L'importante, e pare che cerchi anche di insegnarlo ai suoi figli, che vanno tutti a cavallo e non sentono ragioni quando la biada non è quella che cercano, è che tutto sembri il più "naturale" possibile. E' per questo che i nuovi ricchi comprano chili di prodotti di agricoltura biologica a chilometro zero, che perlopiù poi abbandonano in frighi a sei ante per settimane, prima di cercare di fare restituire loro la vita da un cuoco cingalese, particolarmente in vena di sperimentazioni. Li comprano da siti web appositi, oppure dalle botteghe di via Leuca cui quei siti fanno capo, facendo un grande annusare pesche già quasi marce e scegliendole fra dieci perfette, con grande savoir faire. Fra una spesa e l'altra, mangiano solo merendine fuori pasto (comprate dagli stessi filippini) e al ristorante a cena. Anche così il nostro vecchio mondo si rinnova.

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